Il pastazzo di arumi è un sottoprodotto dell’industria di trasformazione alimentare costituito dagli scarti di limoni e arance sottoposti alla spremitura.
Ha diversi utilizzi, i più noti riguardano la concimazione organica dei terreni, l’alimentazione del bestiame e l’estrazione della pectina, un polisaccaride addensante naturalmente presente nella frutta, e largamente impiegato nella produzione di marmellate.
Può essere usato fresco o essiccato, previa pressatura, procedimento che taglia i costi legati allo stoccaggio e al trasporto.
Negli ultimi anni grazie ai progressi della scienza il pastazzo di agrumi viene usato anche come biomassa per la produzione di energia elettrica, ad esempio nella Piana di Gioia Tauro.
Composizione
Dal punto di vista chimico-fisico il pastazzo è costituito dai residui di bucce (al 60-75%), di polpa (30-35%) e semi (mediamente lo 0-9% ma dipende dalla qualità di arance e limoni sottoposti a trasformazione).
Il pastazzo di agrumi è composto in prevalenza da carboidrati insolubili come pectina e cellulosa, da zuccheri, da acidi, soprattutto citrico e malico, da lipidi come l’acido oleico, linoleico e palmitico, da minerali come calcio e potassio, da oli essenziali, flavonoidi, carotenoidi e limonoidi, enzimi, vitamina C a B complessa.
I possibili usi alimentari come alternativa ai grassi
Oltre che per gli usi agricoli richiamati e per il suo impiego come combustibile per la produzione di bioetanolo e biogas, il pastazzo di agrumi potrebbe trovare applicazione anche nel settore alimentare.
Recenti ricerche scientifiche stanno infatti studiando e proponendo l’utilizzazione del pastazzo quale alternativa per l’alimentazione umana ai grassi alimentari come l’olio di palma (utilizzato nella preparazione di svariati prodotti da forno) e ciò grazie a una fibra essiccata che si estrae proprio dall’insieme dei residui degli agrumi.
Dalla macinazione ed essiccazione della fibra se ne ricava una farina che ha le caratteristiche delle fibre alimentari e grande potere di assorbimento dell’acqua, per un “effetto spugna” che permetterebbe a questa farina di sostituire almeno parzialmente i grassi alimentari presenti in merendine e altri prodotti da forno.